L’ANIMA DI LUCA

Questa fotografia, in intestazione di splash.page ed alla fine della pippa di queste righe, è stata scattata dalle parti della primavera avanzata, forse ai primi di Luglio, da Luca. È delle mie fotografie che adoro, molto più di tante altre anche dello stesso tema. Fiori, campi di grano, primavera, estate quando le donne diventano ancor più belle perché splendono della loro bellezza di anima, mente e cuore nei colori caldi e forti delle due stagioni. Il risveglio anche dei sensi, della sensualità. Potrebbe essere la prima foto di una ipotesi di collezione “I papaveri” ma per rispetto della forza di un artista francese celebre per le sue ninfee e per rispetto della mia originalità non scimmiotto nessuno. Proprio perché riconosco la sua immensa superiorità e perché pieno della mia superbia credo di essere una “cosa” diversa. Questa foto descrive un modo di vivere ed essere incline alla gentilezza, alla bontà d’animo, alla generosità. Generosità tanto di anima e pensiero quanto di quattrini quando ho potuto. Anche oggi se mi chiedessero 100 lire ed in tasca avessi solo 100 lire non esiterei un secondo a dare anche fossero le mie ultime 100 lire. So’ fatto così. Quella foto dei papaveri, noto 300 mm, potrebbe anche essere descritta come la prima delle mie poesie scritte con la Nikon. Il Mac mi ha aiutato, in questi sei anni ho scattato forse mezzo milione di clic, in archivio ne ho fatte e finite – inteso come fotografia capace di soddisfare il mio ego e manco troppo – quasi trentamila. Trentamila clic arrivati ad essere quasi una foto. Quella perfetta non esiste, perciò continuo alla ricerca di cosa non so ma continuo a far clic.
La fotografia e la Nikon però non mi bastano, non mi sono mai bastate in questi venticinque anni, così per placare la mia costante fame di far qualcosa, Great White docet, ho scritto tanti racconti. Con l’ultimo impulso ho scritto trecento racconti. La presunzione sarebbe quella di far diventare tutto quello scritto un libro. Un libro cattivello, ero incazzato nero, con racconti anche brutali per alcune scene descritte. Chi ne ha letto qualcuno ha scritto e detto dei commenti che hanno in parte appagato il mio ego. Il punto come dicono gli idioti non è però questo. Il punto arriva dopo questa pippa di intro.
Può una persona, un uomo, esprimere il suo essere con queste foto e con quegli scritti, essere appagato da una presenza che non sia all’altezza del suo essere? È evidente, no. Dunque l’affermazione più volte ripetuta trova fondamento. Non sarei appagato, non sarei capace di stare ore al telefono, non sarei capace di tenere viva una conversazione via messaggistica, se l’interlocutore non fosse all’altezza.

Se l’interlocutore non fosse capace di placare la mia fame, la voracità della mia mente la questione non sarebbe durata il tempo di un mese. Credo non sarebbe mai nata. Ho visto cose che neanche chi le possiede sa di averle, o per lo meno, non vuol ammettere, per una lista di circostanze, di averle perché vorrebbe dire… guardarsi allo specchio consapevoli della domanda che si pone e – soprattutto – della risposta che a quella domanda vuole dare. E fa paura. La risposta.

©lucaromano

Questa fotografia, scattata a luglio 2018 è stata pubblicata qua su 18×24
solo a Dicembre 2018.
Un fatto che racconta tanto per tanti aspetti.
Taccio, però.
Macché taccio:
indica che in soli sei mesi è stato dissipato il fatto di essere stato piantato
nei modi e nei tempi che qualcuna dalla maglietta di bancarelle ben conosce.
Ah… dopo quattordici anni.
🥷🏿